Sproloqui sullo spostamento

Eccomi. Negli ultimi sei mesi ho preso tanti aerei, lunghi, comodi e scomodi. Treni, lunghi, scomodi e molto scomodi. Bus, sdraiato, seduto e in piedi, lunghi con temperature da cocenti a glaciali. Navi con mare calmo e in tempesta, di qualche ora o di qualche settimana. Ho guidato auto utilitarie e cabriolet sportive e camper. Moto e scooter vecchi e nuovi. Attraversato fiumi su ponti in ferro, in legno, traghetti, chiatte e canoe. Attraversato città in tuk tuk (o three wheeler, come qualcuno vuole che vengano chiamati in Sri Lanka, tuk tuk è da turisti che vanno in Thailandia, dicono) e taxi a volte ufficiali a volte improvvisati a volte ancora truffaldini. E qualche volta camminato, con zaino o senza (credetemi, quando si tratta di 19 kg questo dettaglio fa la differenza). Insomma, si potrebbe dire che in qualche modo, la mia (nostra, d’ora in poi non specificherò più ma si sappia che non son mai stato solo) priorità sia stata lo spostamento. È lo spostamento che fa di un viaggio un viaggio. L’andare da un punto A ad un punto B cercando di perdersi il meno possibile degli infiniti punti che vi stanno nel mezzo. Consapevole che non basterebbe una vita per viverli tutti, questi punti, uno non può far altro che accettare il fatto che il nostro tempo a disposizione in questa vita sia finito e con questo presupposto farne il miglior uso possibile, secondo coscienza.
Lo spostamento dicevamo, l’allontanamento da casa, dalla propria lingua, dal proprio cibo, da famiglia e amici, dalla propria zona di confort. Lo spostamento come vita. Il viaggio come vita. L’avvicinamento (o il ritorno, se vogliamo) ad uno stile nomade, fatto in maniera monca e non priva di storpiature: il nomade si sposta secondo necessità seguendo climi, stagioni e condizioni di vita migliori, il viaggio al giorno d’oggi è spesso solo un tentativo di risposta alla curiosità, un vezzo, un di più. Ma ancora si può percepire, in rari momenti e concentrandosi, la profondità e l’importanza sconcertante dello spostamento. Cosa significa avere tutto il necessario per vivere in uno zaino da 15 kg (poi si gonfia e si appesantisce). Cosa significa sapere che nel giro di due giorni si dormirà in un altro letti, non senza esserselo conquistato, tramite lo spostamento.  Nonostante lo spostamento oggi non sia più limpido e puro come le migrazioni dei popoli nomadi credo che qualunque persone che si definisca un “viaggiatore” converrà con me nell’affermare che l’uomo dovrebbe essere nomade. Quella è la sua natura, ormai nascosta sotto migliaia di anni di cultura stanziale ma comunque non del tutto sopita. È li, è quel brivido che tutti abbiamo prima di partire con un treno di 3 ore o un aereo di 26, è la consapevolezza che quando si riapriranno le porte o scenderemo dalla sella della moto ci troveremo circondati da gente nuova, incontreremo una condizione climatica nuova, e se il viaggio in moto dura qualche giorno anche case nuove, cartelloni pubblicitari nuovi, luoghi di culto nuovi. Purtroppo non c’è tempo, non abbiamo tempo per comprendere la lingua di ogni paese visitato, le tradizioni, il sorriso. Quello che possiamo fare è cercare di confrontarci il più possibile, arricchendo casa dopo casa, pasto dopo pasto, la nostra collezione di nuovo, di diverso. E forse chissà, alla fine del nostro viaggio, grazie agli spostamenti svilupperemo una nostra idea del diverso e di noi stessi in relazione ad esso.
Lo spostamento è un continuo mettere in dubbio, è arrivare, fare proprio quel che di positivo si vive e ripartire con la grande incognita del domani. Imparare a spostarsi una volta voleva dire imparare a vivere, e credo che, in qualche maniera ci possa essere ancora oggi un parallelismo tra lo spostamento e la vita.
Spostarsi vuol dire cambiare sentiero per arrivare in cima alla montagna sulla quale si è già stati decine di volte. Vuol dire sapere che per andare da A a B ci sono infinte possibilità. Spostarsi significa, dopo aver trovato la strada migliore per andare da A a B cercane una nuova. Spostarsi vuol dire aver paura di perdersi, costantemente, avere il timore di non riuscire più a tornare indietro, timore che spesso si trasforma in una presa di coscienza. Spostarsi significa avere il terrore di sbagliare percorso ma al contempo la consapevolezza che non ci sono alternative,la posta in gioco è massima. La posta in gioco è più importante della vita stessa, è il senso della vita. Il senso che ognuno trova nei suoi spostamenti, piccoli o grandi che siano. Non volersi spostare, tentare di rimanere immobili non può che risultare un fallimento. Non siamo fatti per rimanere immobili. Spostiamoci dunque, con aerei (poco perché inquinano), in bicicletta o a piedi, a cavallo, con un cammello, con un calesse, in metro. Spostiamoci. Spostiamoci dal solito ristorante. Spostiamoci dal solito luogo di vacanze. Spostiamoci dai nostri gusti. Spostiamoci dalle nostre idee. Torniamo a essere nomadi, proviamoci.
E… Vediamo cosa cazzo succede!

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Treno scomodo, ma vista mare. Sri Lanka

 

 

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Spostamento in moto tra la terra e il cielo. Vietnam

 

 

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Siamo preparati a tutto, abbiamo un poncho. Vietnam

 

 

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Ventisette ore possono essere molto lunghe. Laos

 

 

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Due canoe, un bancale e un motore a scoppio. Laos

 

 

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Spostarsi con la “casa”. Australia

 

 

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Ex coinquilini molto generosi. Australia

 

 

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Spostamento di merci e persone. Isole Marchesi.

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