Eden

Ho visto l’angolo più bello del mondo. In effetti, non si trattava di un angolo, ma l’opposto. L’idea di angolo, anche se non direttamente, rimanda ad uno spazio chiuso, angusto e spigoloso. Ciò che ho visto era vasto, immenso e voluttuoso.
Ancora devo decidere se ciò che ho visto e di cui mi sono innamorato è uno spazio geografico, un ambiente naturale, una cultura millenaria, una lettura della vita o più probabilmente un assemblaggio di tutto questo.
Ho visto il paradiso vi dico, al di fuori di ogni retorica religiosa, l’ho visto, l’ho vissuto.
Ed era incredibilmente simile a come la maggior parte di noi se l’è sempre immaginato.
Acqua cristallina, cielo terso, arcobaleni, palme, frutti colorati, spiagge bianche e spiagge nere, ma era di più, era molto più di quello che ero riuscito a immaginarmi: era sorrisi, era comprensione, era ritmo, era complicità, collaborazione, curiosità, conoscenza.
Era musica, canti, vino, erba, vento, stelle, pesce.
Storia, storie, racconti, risate, birra, cocco, onde, vita.
Esisteva davvero? Era solo nella mia mente? E se anche fosse, non basterebbe averlo visto perché esso esista?
Era lontano da quello che noi conosciamo come realtà, era profondo, era intenso, era indelebile.
Era tutto quello che io non avevo mai nemmeno osato immaginare. E si apriva a me. Come un libro tutto da leggere senza nessuna fatica. Era qualcosa che ti metteva di fronte, con forza, un bivio: questo o il nostro mondo?
Ma forse, come spesso accade bisogna cercare nel mezzo, bisogna tentare di essere moderati, gli estremismi non mi son mai piaciuti. Con molto impegno si potrebbe carpire i segreti del paradiso e renderlo più… Abbordabile. Afferrarlo, farlo nostro e viverlo, giorno dopo giorno, renderlo infinito.
Non si cancella un esperienza così, non si torna indietro. Si rischia di tormentarsi, di perdersi nel surreale che era una costante in questo paradiso, lo si confonde. Perché non può diventare vita vera? Perché probabilmente questo paradiso era tale proprio perché non del tutto reale. Cosa si potrebbe fare per rimanerci in quel paradiso? Prendere un aereo e tornarci. Ma come? Con che spirito e poi, come spesso accade si iniziano a ponderare gli aspetti negativi. Era il paradiso perché confinato in un momento, finito. E destinato a rimanere tale. Un innamoramento effimero.
Oppure no, c’è un modo per trasformarlo in una lunga e duratura storia d’amore?
Quando ero li, nella corrente, non riuscivo a pensare ad altro che avrei voluto starci per sempre. Avrei voluto viverlo per sempre. Ma è possibile? Ora, dall’altra parte del mondo , mi sembra così distante, così impossibile.
E un po’ mi tormenta. Vorrei essere ancora li. Cosa me lo impedisce?
Il fatto che forse non sono così sicuro di essere disposto a rinunciare a tutto ciò che conosco, o credo di conoscere, per quello che mi è parso il paradiso, ma in fondo, ho davvero gli strumenti necessari per giudicarlo o era solo l’onda dell’entusiasmo?
Riuscirò mai a mediare? A trovare quella famosa via di mezzo tra due mondi?
La mente cade continuamente nella trappola di pensieri forse banali e sterili: quella era vita, quelle erano persone, alzo lo sguardo, tra questi palazzi alti, coperti di grigio fumo, spio le persone che non incrociano i miei occhi, cerco il mare e non lo riconosco, vedo alcuni parrocchetti, tiro un sospiro, ehi, forse non abbiamo ancora perso, prima di vedere che hanno tutti una targhetta metallica identificativa. Mi assale lo sconforto: cosa stiamo facendo? Cosa sto facendo? Perché?
Non vorrei essere frainteso, so benissimo che i problemi macroscopici del mondo sono ben altri che una mezza crisi esistenziale adolescenziale in ritardo, ma ehi, non è forse vero che uno prima di impegnarsi a risolvere i problemi del mondo deve essere sicuro di aver risolto i suoi?
Tornando al paradiso e alla posizione moderata riguardo ad esso…. In linea prettamente teorica non si può fare altro che prenderne il positivo, cercare di farlo proprio e migliorare in primis la nostra visione del mondo che ci circonda e di conseguenza il mondo stesso. Ma se nel caso del paradiso non si potesse essere moderati? Se fosse un “o tutto o niente”?
E poi, sono convinto di aver visto uno dei paradisi esistenti, non escludo la presenza di altri. Forse sono solo troppo inetto per costruirmi il mio oppure, mi piace pensare, è così complicato da richiedere più tempo, più pazienza, più determinazione. Forse non è impossibile immaginare un paradiso più “fattibile”. E, se si riesce a immaginarlo, si è già compiuto il primo passo verso la sua realizzazione.

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Esiste, questa ne è la prova fotografica.

 

 

 

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Paradiso è scherzare con due bimbe sorridenti e le loro caprette.

 

 

 

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Paradiso è anche un cielo minaccioso, se tutto il resto è pace.

 

 

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Si, paradiso è anche un tipo di 100 kg che suona un minuscolo ukulele in mezzo al mare.

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