Una cascina con mana?

Si respira, si percepisce, non so come potrebbe essere definito ma è una sensazione di pace, di consapevolezza di sé, del mondo e di sé nel mondo. Non è la prima volta che ci sbatto la faccia ma di certo è una cosa tutt’altro che comune.
Aria pulita, vento, vista infinita, montagne che paiono l’Himalaya e ci si perde, si rimane sbalorditi, è impossibile non esserlo, ci si sente piccoli, inermi, soli con se stessi, impietriti, ma qui c’è incredibilmente di più, dopo questa sensazione di smarrimento, l’attenzione si sposta sulla cascina e sul cortile, si è abbracciati, coccolati, protetti da muri secolari , ci si sente al posto giusto. La sensazione di sbigottimento si affievolisce, si trova riparo dal vento, ci si focalizza sulla lucertola che si scalda al sole, sui panni stesi e si è letteralmente pervasi da una sensazione di pace.
Si sente la storia di questo posto, è primavera e gli uccellini sono indaffarati a preparare i nidi protetti dalle falde del tetto in legno, come fanno da chissà quante generazioni.
E’ come se gli innumerevoli momenti felici vissuti qui abbiano lasciato una traccia evidente, un’energia positiva, e sono stato costretto ad usare queste parole, nonostante non mi appartengano perché non saprei come altro definire quel che si percepisce qui.
Nella cultura polinesiana esiste una parola per definire qualcosa che oggettivamente non ho fatto in tempo a comprendere ma credo che, forse, potrebbe essere qualcosa simile a questo.
Il peso leggero ed effimero della storia di un luogo, di una comunità, della umana spiritualità, del rapporto costante dell’uomo nella natura, un peso che si percepisce nella luce del sole che illumina un portone che è li nonostante tutto, si percepisce nella figura di un fico che si staglia deciso controluce al tramonto e gareggia in maestosità con il Monviso.
Un peso leggero che ci è stato tramandato da chi già ha vissuto una parentesi di questa storia, per vent’anni, gli ultimi testimoni che hanno preservato, plasmato, influenzato, amato ma non cambiato l’energia di questo posto e che oggi ci passano come in un’ancestrale comunità, regole non scritte per superare l’inverno, per fare una buona vendemmia, per intrattenere buoni rapporti coi vicini, per presentarsi al mondo nella maniera più vera, regole dettate dall’esperienza diretta o tramandategli da chi prima di loro aveva vissuto questo luogo per preservarne l’energia.
Regole passateci, con umiltà, sotto forma di consigli, regole che non sono scritte nel marmo ma che hanno una loro storicità, regole che, con una vaga reminiscenza dei miei studi liceali potrei paragonare, con le dovute proporzioni al Mos maiorum romano di questo piccolo mondo.
Qui non ci si passa solo la proprietà di una cascina e qualche ettaro di terra, qui si tramanda una storia, che va oltre una o due generazioni, una storia che come tutte le migliori storie si è mischiata, colorata, arricchita anno dopo anno e che oggi siamo noi a prendere tra le mani, consapevoli che sarà nostra per un pò, ma non finirà con noi.  Ci è stato consegnato un piccolo mondo, con i suoi equilibri, la sua filosofia, i suoi tabù e noi di fronte a questo mondo non possiamo che meravigliarci e interpretarlo a modo nostro con l’obbiettivo di lasciarlo anche meglio di come ci è stato lasciato.
Questo è solo un piccolo mondo ma da qui si percepisce la responsabilità del mondo intero. Perché ci è così difficile applicare lo stesso approccio al mondo? Quando abbiamo perso la consapevolezza del nostro io in rapporto al tutto? Quando siamo stati corrotti? Quando abbiamo smesso di considerarci di passaggio? Domande ampie e senza risposta, quello di cui sono certo, però, è che questo è un ottimo posto per fare un primo passo verso quella consapevolezza perduta, che del tutto perduta non è, e che persiste più o meno sopita in ognuno di noi e, in cuor mio, credo sia l’unica vera soluzione ai problemi del mondo, quello grande.
E forse è proprio perché non ci è più chiara questa consapevolezza che alle isole Marchesi mi è stato impossibile comprendere a pieno il significato della parola “Mana”, non siamo abituati a concepirla, è un concetto che non ci appartiene più, ma che forse passo dopo passo possiamo riscoprire, con il giusto approccio .
Iniziando, perché no, dal vivere in questo luogo, carico, per l’appunto di “Mana”.

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